«Hey, mi hanno detto che Trieste è piena di fan di Neil Young, è vero?». Joe D’urso non attende neanche la risposta, scontata, e parte con un’amfetaminica “Powderfinger” che con la successiva “Noisy Guitars” chiude al meglio una calda, classica, sudata serata di rock. Capita a due passi dall’Ausonia, nella nuova, piacevolissima location dell’Etnoblog. Ed è ancora un centro per “Trieste is Rock” che dopo Willie Nile è riuscita a portare quassù un altro rocker del New Jersey molto noto e apprezzato dal popolo dei springsteeniani e non solo. D’Urso vanta una carriera pluridecennale tutta condotta tra il Jersey Shore e qualche club di Manhattan fino a quando l’Europa, e l’Italia in prima battuta, non ne hanno scoperto le indubbie doti. Suona l’acustica, D’Urso, ma dimenticatevi i classici cantautori. La usa, piuttosto, come una macchina ritmica, lasciando all’altro chitarrista, il potente Greg Lykins, il compito di cesellare i brani tra una frase e l’altra o pompare power chords quando si tratta di dare dinamismo al pezzo. Al resto provvedono Mister Lou, al secolo Lou De Martino, bassista dalla presenza scenica inquietante e il roccioso Sam La Monica alla batteria. Sul palco, neanche un minuto di non sudore. Classici come “Let it go” si alternano a momenti relativamente più notturni come nell’abbinata “Minute to midnight/The Other side of midnight” che si porta via quasi un quarto d’ora di intense emozioni. Ma è un attimo perché basta la presenza di Pow Lean, il triestinissimo Paolo Serra ora residente alle Canarie, per lanciare il gruppo nella chilometrica jam di “Rockin’ in the free world”, altro classico youngiano e portare poi a compimento due ore di rock basico, tradizionale fin che si vuole ma suonato col cuore. D’Urso ringrazia e anticipa che tornerà a Trieste a dicembre con la carovana del “Light of Day”, sorta di omaggio a Springsteen itinerante. Onore, infine, a Lorenzo “Miami” Semprini e ai suoi Groovers. I riminesi ormai quasi triestinizzati hanno ereditato da Joe un palco surriscaldato ma sono riusciti a non far calare la tensione per quasi altre due ore, col loro repertorio, sempre più piacevole e rodato, di canzoni proprie e cover senza tempo.
Articolo di Furio Baldassi, il Piccolo — 24 maggio 2010, pagina 11, sezione: Gorizia